Nuova fiscalità per l’impresa sociale: cosa cambia per le imprese sociali
Il via libera da Bruxelles per la nuova normativa sulla riforma del Terzo settore è imminente. Gli enti filantropici e le cooperative saranno i principali beneficiari? Questo potrebbe rappresentare un’opportunità per far decollare iniziative di vera innovazione sociale, superando le consuete e già conosciute nicchie. La sfida è aperta.
Chi avrà il coraggio di rifiutare il prezioso vantaggio rappresentato dalle autorizzazioni europee sulla fiscalità per il Terzo settore e, in particolare, per l’impresa sociale? Dopo un’attesa prolungata, sembra che stiamo per assistere all’introduzione di significativi sgravi fiscali per gli investimenti nelle imprese sociali, in un momento in cui il settore ha conosciuto una profonda trasformazione.
Il processo di ristrutturazione della cooperazione sociale continua a evolversi attraverso fusioni e alleanze che portano a un cambiamento organizzativo significativo, dando vita a conglomerati imprenditoriali che operano su scala più ampia e superano il concetto tradizionale del “piccolo è bello”. Contemporaneamente, emergono numerose nuove imprese sociali, non cooperative e a capitale, prevalentemente srl, alcune delle quali sono startup innovative fondate da imprenditori estranei alla cultura nonprofit, mentre altre sono iniziative avviate da cooperative sociali per gestire più efficacemente investimenti tecnologici e infrastrutturali. In questo contesto di crescente diversificazione, le forme tradizionali di rappresentanza e coordinamento del settore si trovano a dover rispondere a nuove sfide, mentre i recenti incentivi fiscali per gli investimenti sembrano avvantaggiare in particolare gli attori dell’ecosistema filantropico-finanziario, i quali hanno sviluppato una rete di supporto mediante consulenze, enti di ricerca e incubatori, con l’obiettivo di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di risorse e promuovere la narrazione sull’innovazione sociale e i suoi effetti.
Il panorama dell’imprenditoria sociale in Italia presenta, alla luce dei dati relativi a erogazioni, finanziamenti e investimenti, unitamente al sentiment degli operatori del settore, una condizione di apparente stagnazione. Nonostante tutte le parti coinvolte valutino positivamente le relazioni esistenti, la dimensione investimenti, che dovrebbe promuovere la creazione di nuovi sistemi sociali ed economici piuttosto che limitarsi alla manutenzione di quelli attuali, stenta a trovare spazio al di fuori di una nicchia di buone pratiche consolidate, territori ben sviluppati e settori in cui il ritorno economico è facilmente misurabile. Tali nicchie, tuttavia, rischiano di diventare sempre più esclusive rispetto a un’imprenditoria sociale e alle questioni che intende affrontare, le quali evolvono a ritmi che non sempre corrispondono alle aspettative degli investitori. Di conseguenza, si crea un divario tra domanda e offerta, limitando gli impatti trasformativi che si rivelano sempre più necessari. Questo scenario si presenta in un contesto in cui si afferma di vivere nell’era del filantropocene, con fondazioni che aspirano a guidare una transizione ambientale e sociale, fondi di investimento che riconoscono il valore dell’impatto sociale come ritorno atteso, e istituti di credito che, supportati da garanzie pubbliche, superano i tradizionali metodi di finanziamento, mentre le cooperative mutualistiche rispondono alle crisi di mercato attraverso un modello governato da lavoratori e comunità locali.
Non possiamo trascurare le piattaforme digitali che attraggono risorse, sia donazioni che investimenti di varia natura, da un pubblico che si organizza in autentiche comunità di investitori partecipativi. Anziché limitarsi a pensare al beneficio esclusivo per questi soggetti, è possibile riflettere su come il concetto di dono possa estendersi oltre, coinvolgendo una pluralità di attori e interessi.
Il versante dell’offerta è ben strutturato e interagisce per creare nuovi mix di finanziamenti tra alto e basso, come il crowdfunding sostenuto da risorse filantropiche. I contributi donativi possono compensare i mancati ritorni sugli investimenti in equity o abbattere i tassi d’interesse bancari. L’autorizzazione europea completa quindi un’offerta già in gran parte definita. Anche le imprese sociali dovrebbero beneficiarne, poiché queste agevolazioni fiscali possono incentivare lo sviluppo di progetti trascurati o solo parzialmente avviati a causa di complessità operativa o in attesa delle normative europee. È fondamentale negoziare attivamente con i finanziatori, magari ristrutturando i patrimoni per adattarsi a queste opportunità. Servono progetti concreti e la giusta sensibilità per considerare il pacchetto di Bruxelles come un incentivo prezioso da cogliere al volo.