Riforma fiscale Terzo Settore: via libera dall’UE
Il termine «comfort letter» si riferisce all’atteso via libera della Unione Europea riguardo al pacchetto fiscale incluso nella riforma del Terzo Settore che risale a quasi dieci anni fa, dichiarando che non si tratta di aiuti di Stato. Tuttavia, ora inizia una nuova fase di attesa per una corretta interpretazione delle normative, e gli Enti ancora non registrati, in particolare le onlus che scompariranno l’anno prossimo, si trovano di fronte a una decisione cruciale su come procedere.
La celebre frase spesso attribuita a Oscar Wilde ci ricorda di fare attenzione a ciò che desideriamo, poiché potremmo un giorno ottenerlo. Riguardo alla questione delle tasse nel Terzo settore, ora non ci sono più scuse; l’attesa per l’approvazione dei dettagli fiscali dalla Commissione Europea, che ha caratterizzato quasi un decennio di riforma, è finalmente giunta al termine. Ciò significa che è giunto il momento di passare all’azione e applicare la riforma nel concreto, incluso l’aspetto fiscale. Tuttavia, mentre ci prepariamo a muoverci in questa nuova fase, si apre un’altra attesa: quella per la corretta interpretazione delle normative, un compito che spetta ora all’Agenzia delle Entrate e ai ministeri competenti. In questo intricato panorama del Terzo Settore, non tutti mostrano la stessa soddisfazione. Nonostante ciò, un progresso è stato compiuto e ora è il momento di fare il punto della situazione.
Alcune dichiarazioni
«Dopo il via libera dell’Unione europea gli Enti di terzo settore – dichiara la portavoce del Forum Vanessa Pallucchi – potranno finalmente iniziare a pianificare le loro attività sapendo quali norme fiscali si vedranno applicate e operando quindi le migliori scelte possibili sul piano della sostenibilità». La Commissione europea ha recentemente confermato tramite la sua attesa comunicazione del 8 marzo che il nuovo sistema fiscale introdotto dalla riforma italiana del Terzo settore non configura un aiuto di Stato. E Vanessa Pallucchi tiene a sottolineare con forza che questo è «senza dubbio un passo cruciale, uno spartiacque nella vita organizzativa degli enti, ma anche un grande passaggio culturale con cui l’Unione europea riconosce la specificità del Terzo settore aprendo sostanzialmente la strada a un diritto tributario ad hoc». «Sicuramente ci sono ancora diverse situazioni – penso in particolare alle onlus, ma non solo – in cui il quadro non è ancora definitivo. In alcuni casi serviranno ulteriori norme, in altri chiarimenti dell’Agenzia delle entrate. Quel che è certo è che le organizzazioni andranno accompagnate nell’adeguamento alle novità».
Certo, è fondamentale integrare le nuove normative fiscali con le disposizioni relative all’Iva. Attualmente, il regime di esenzione dall’Iva per gli Ets non commerciali è prorogato fino a gennaio 2026, ma cosa succederà dopo? Inoltre, ci sono in attesa di approvazione a livello europeo altre questioni, come la possibilità di rilasciare “titoli di solidarietà”, strumenti finanziari che potrebbero facilitare l’accesso a prestiti agevolati per gli Ets. Il tempo di scelta per le onlus attuali, destinate a scomparire dal prossimo 1 gennaio, scadrà il 31 marzo 2026: se non si iscriveranno al Runts diventando Enti di terzo settore dovranno devolvere l’incremento di patrimonio accumulato a partire dall’assunzione della qualifica di onlus.
Franco Massi, presidente di Uneba, in effetti è uno di quelli che a questo proposito si dicono preoccupati. «Scriva pure molto preoccupato», precisa. E spiega: «Intendiamoci, io penso che la riforma del Terzo settore sia stata una cosa positiva. Ha allargato il campo alle associazioni culturali, ambientaliste, ha messo ordine o almeno a tentato e continua a tentare di farlo. Ma non c’è dubbio che abbia penalizzato le onlus che più di altre realtà operano nel settore socioassistenziale. Continuiamo a sperare che attraverso gli incontri già in programma e quelli che verranno si possano trovare soluzioni». Diverso il parere di Paolo Bandiera, direttore dell’Associazione italiana sclerosi multipla, che si dice «molto soddisfatto» del via libera europeo soprattutto perché «finalmente potremo andare verso l’applicazione piena delle norme previste dalla riforma anche se – riconosce anche lui – dovranno arrivare elementi di chiarezza in particolare da parte dell’Agenzia delle entrate e del ministero del Lavoro». Ma sarà anche l’occasione, dice, per sanare norme contraddittorie come quelle che da una parte potrebbero agevolare il Terzo settore sull’Iva ma dall’altra impongono l’Iva sull’acquisto di apparecchiature per la ricerca scientifica.
Alcune situazioni esemplificative
Enti di Terzo Settore non commerciali che svolgono attività commerciali possono avvalersi del regime forfettario per il reddito d’impresa, con un coefficiente di redditività variabile dal 5% al 17% in base al tipo di attività e ai ricavi generati. Le Associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato, se i loro ricavi restano sotto la soglia di 130mila euro, beneficeranno di un regime forfettario specifico, con un coefficiente di redditività fissato al 3% per le Aps e all’1% per le Odv. Inoltre, le imprese sociali avranno la possibilità di godere della totale detassazione sui profitti reinvestiti per l’attività statutaria o per potenziare il patrimonio.