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Uno studio sul lavoro domestico

9 Giu 2025 | News

Uno studio sul lavoro domestico: Un settore non più solo “rosa”

Nel 2025 si stima che le famiglie italiane necessiteranno dell’aiuto di circa due milioni e 288mila professionisti per soddisfare le loro esigenze di assistenza.

Nel 2025 si prevede che le famiglie italiane necessiteranno di circa due milioni e duecentottantottomila unità di personale domestico per soddisfare le proprie esigenze assistenziali, comprendendo un milione e cinquecentoventiquattromila lavoratori stranieri e settecentosessantaquattromila italiani. Inoltre, la stima include all’incirca un milione e venticinquemila badanti e un milione e duecentosessantaduemila colf. Questi dati emergono dal Rapporto 2024 Family (Net) Work, una ricerca del Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico di Assindatcolf in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche Idos, che analizza la necessità di manodopera italiana e straniera nel settore del lavoro domestico in Italia. Il fabbisogno totale considera non soltanto le famiglie che già impiegano lavoratori regolarmente assunti, ma anche coloro che impiegano colf e badanti senza contratto e le persone che intenderebbero assumere, ma che per varie ragioni, incluse quelle economiche, non hanno ancora intrapreso questa azione.

Guardando ai territori, la Lombardia si distingue al primo posto con 141mila lavoratori, seguita dalla Campania con 98mila, dalla Sicilia con 97mila, dal Lazio con 93mila e dalla Puglia con 86mila. In termini di nazionalità, la Sardegna presenta la percentuale più bassa di badanti straniere, inferiore al 19% del totale, seguita da Molise con 45,6%, Calabria con 48,3% e Sicilia con 48,4%. Al contrario, in Emilia-Romagna e Lombardia, la proporzione di badanti straniere è intorno all’85%. Per quanto riguarda le colf, la Lombardia e il Lazio occupano le prime posizioni nella richiesta con rispettivamente 209mila e 208mila lavoratori, mentre la Sicilia si colloca terza con una domanda di colf pari a 177mila unità, seguita dalla Campania con 158mila e dalla Puglia con 100mila.

In salita la “quota azzurra”

Il lavoro domestico è storicamente considerato un ambito esclusivamente femminile, come dimostrano le espressioni comuni che utilizzano il femminile per riferirsi a “colf” e “badanti”. Tuttavia, recenti analisi dell’Osservatorio Domina rivelano un significativo aumento della presenza maschile in questo settore, soprattutto nelle province meridionali come Palermo e Messina, dove gli uomini rappresentano il 31% dei collaboratori familiari. In Italia, i dati forniti dall’Inps attestano questa evoluzione del lavoro domestico maschile negli ultimi anni. Il trend dei lavoratori domestici maschi ha mostrato un declino costante dal 2014 al 2023, con un significativo incremento che si è verificato nel 2020, culminando nel 2021 con un’incidenza del 15,4% sul totale dei lavoratori domestici. Tuttavia, questo andamento ha subito nuovamente una diminuzione nel 2022, riportandosi ai livelli del 2014 e continuando a seguire questa tendenza nel 2023. Ma chi sono esattamente questi lavoratori? Dall’analisi dei dati emerge chiaramente che la maggior parte di essi è rappresentata da addetti alle pulizie, che sono prevalentemente giovani e stranieri. Attualmente, il numero di lavoratori domestici maschi supera le 95 mila unità, corrispondendo all’11,4% del totale. Tra questi, una percentuale notevole, pari al 75,5%, è costituita da lavoratori stranieri. In particolare, tra i ruoli occupati, la mansione di colf è predominante rispetto a quella di badante, campo in cui le donne tendono ad avere una rappresentanza maggiore. Un dato interessante riguarda la retribuzione annua media, che risulta inferiore rispetto a quella delle lavoratrici femminili; ciò è probabilmente dovuto alla minore presenza di badanti, che lavorano generalmente più ore e, di conseguenza, ricevono compensi più elevati. Infine, è significativo notare anche l’età media dei lavoratori, che si attesta a 46,8 anni per gli uomini, contro i 51,2 anni delle donne nel settore.

L’aspetto territoriale di questo fenomeno è particolarmente affascinante. La percentuale di uomini coinvolti, che si attesta mediamente all’11,4% a livello nazionale, tocca punte del 22,9% in Sicilia, del 16,1% in Calabria e del 17,2% in Campania. Nella maggior parte delle Regioni, gli uomini sono prevalentemente occupati come colf; tuttavia, in Sardegna, Basilicata e Molise, si osserva una tendenza opposta, con uomini dediti principalmente a mansioni di cura personale. La provincia con il più alto tasso di lavoratori domestici maschi è Palermo, dove la percentuale raggiunge il 27,7% con oltre 3 mila uomini impiegati, che costituiscono il 3,5% del totale dei lavoratori maschili. Questi lavoratori, per l’82,5%, sono impiegati come colf e, nella maggior parte dei casi, si tratta di addetti alle pulizie con cittadinanza straniera.

Nel Sud, l’incidenza del lavoro domestico maschile è significativa in quattro province, superando il 22%: Messina con il 26,6%, Catania e Reggio Calabria entrambe al 22,4%. In queste aree si contano oltre 7mila lavoratori domestici maschi, rappresentando il 7,5% del totale. Tuttavia, in molte province il contributo maschile è trascurabile, come a Rovigo, dove ci sono solo 112 operatori e a Udine, dove su più di 9mila lavoratori solo 403 sono uomini. In queste zone con bassa presenza maschile nel settore, è evidente che gli addetti sono meno numerosi ma tendono a essere più specializzati, soprattutto nell’assistenza personale. Inoltre, la percentuale di lavoratori domestici maschi stranieri è in calo, quasi azzerandosi ad Oristano, dove rappresentano solo il 6,3%.

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